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Il paradosso della maschilità

Cosa ci racconta la condizione di inferiorità erotica ed emotiva che alcuni uomini denunciano?

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Dopo #metoo, sempre più uomini si sono uniti a un mea culpa che sembra rigettare qualsiasi responsabilità collettiva, per riportare un discorso per sua natura politico alla confessione del singolo, costretto a un esame di coscienza, a pubbliche scuse e in generale all’idea che il cambiamento possa avvenire solo sulla base di una sensibilizzazione individuale e dunque morale. 

Contemporaneamente però, a emergere è anche un discorso apertamente misogino (basta dare un’occhiata alla stampa destrorsa e a tanti commenti reazionari online), che a sua volta trae le mosse dalla posizione vittimistica (“È colpa delle donne!”) alla base di molti casi di violenza domestica. Per citare un breve passo da un articolo di Silvia Bia sui centri antiviolenza italiani rivolti agli uomini, “un elemento che si può rilevare è che tutti [gli uomini che commettono violenza o temono di potere arrivare a farlo] parlano delle donne come persone incomprensibili, ne forniscono quasi una rappresentazione persecutoria”. Questa condizione di inferiorità erotica ed emotiva che gli uomini denunciano, cosa ci racconta? È possibile scoprire quali dinamiche tradisce e seguirne le conseguenze? 

Questo ci introduce a un’altra figura salita alla ribalta del nostro immaginario, insieme agli hikikomori, per quanto riguarda l’ambiente nerd: quella dell’incel. Una figura che si è imposta nelle cronache nel 2014, con il massacro di Isla Vista a opera di Elliot Rodger, il ventiduenne che dopo aver lasciato un videomessaggio su YouTube in cui se la prendeva con i presunti responsabili della sua verginità (le donne che l’avevano rifiutato e gli uomini attraenti con cui aveva dovuto competere) apriva il fuoco dalla sua auto nei pressi di un cmpus in California, uccidendo sei persone e ferendone quattordici, prima di suicidarsi. 

Con il termine incel (contrazione di involuntary celibate) si intende proprio il fenomeno di maschi risentiti che sfogano su internet la propria frustrazione sessuale, arrivando a picchi di misoginia inaudita. Proprio questa aggressività, questa violenza misogina, sembrerebbe essere l’unico elemento rimasto della mascolinità tossica per così dire “classica”.

La comunità incel è sia trasversale e potenzialmente universale a livello geografico, anagrafico e sociale, sia chiusa. “Negli anni si sono talmente radicalizzati che non esiste quasi più confronto con la realtà, non ci vogliono nemmeno più provare ad abbordare una donna — parlano solo fra loro. A parte l’impossibile piramide della bellezza da scalare e alcuni termini che si possono imparare, i mantra incel sono impossibili da capire per un estraneo perché fanno parte di un sistema ideologico complesso e sigillato”, osserva Valeria Montebello su Linkiesta. Non stupisce allora trovare tra gli obiettivi polemici degli incel i cosiddetti normie, i “normaloni”, cioè i non appartenenti alla comunità non solo incel ma prima di tutto geek, quelli che non comprendono il loro lessico da illuminati digitali e sociali, in un misto di rancore verso l’esclusione e di orgoglio identitario. 

L’odio per i normie li accomuna a una serie di altre comunità online, mentre altri obiettivi li caratterizzano più specificatamente: chiunque riesca ad avere una vita sessuale è oggetto di invidia e odio da parte degli incel, e le categorie verso cui si concentrano (con intensità variabile) i loro strali sono i Chad (gli uomini attraenti) e le donne, in primis uno stereotipo di donna attraente e superficiale, interessata ai maschi solo in virtù del loro quoziente lms (Look Money Status, ossia aspetto, soldi e status sociale) — in molti casi senza che questo comporti di per sé alcun biasimo.

Gli incel seguono l’articolazione irrazionale dell’inconscio, e vanno letti come una delle tante forme in cui si esprime il rimosso della società.

Non possiamo comprendere l’ideologia incel se non partiamo dal presupposto che la loro incoerenza è anche la loro forza. Gli incel seguono l’articolazione irrazionale dell’inconscio, e vanno letti come una delle tante forme in cui si esprime il rimosso della società. Proviamo allora a comprendere il fenomeno nella sua manifestazione immediata, esplicita, superficiale. È qui del resto, come abbiamo detto seguendo la lezione della psicanalisi lacaniana, che risiede l’ideologia: nell’apparenza. 

Dalla “Guida pratica al bel faccino” a una “Scala di valutazione 1-10”. Dai consigli pratici sul fisico (“Allenate anche i glutei”) a quelli sugli outfit (“Scarpe da ginnastica rigorosamente con felpe e t-shirt, non con vestiti eleganti”), fino a raccomandazioni basate sul buon senso: «Per una pelle in salute di buon colore, mangiate molta frutta e verdura, e uscite di casa!» I titoli di un qualsiasi femminile italiano del 1995 — prima dell’avvento del femminismo della terza ondata e della body positivity, e in piena era berlusconiana? No, gli esempi sono tutti presi da entry di Il forum dei brutti, una delle più grandi community online di incel italiani. Già questi pochi esempi colgono un primo dato: forse mai prima d’ora il corpo maschile eterosessuale era stato sottoposto a tale severo autoscrutinio. 

Il secondo elemento a balzare agli occhi approcciandosi alla comunità, oltre quello dell’ossessione per l’aspetto, potrebbe, secondo i criteri del binarismo di genere, essere definito come altrettanto femminile. È una narrazione di sé, del proprio vissuto, raccontata in prima persona e con modalità quasi diaristica. Nascono così i greentext di 4chan, racconti schematici di situazioni vissute, da cui si sviluppa poi una narrazione sempre più dettagliata. Ne è un esempio Adinur DB, utente Facebook che incoraggia i suoi seguaci a non fidarsi dei pua (acronimo per Pick Up Artists, cioè coloro che diffondono strategie di seduzione per maschi che non possono contare solo sul look) o dei “red- pillati” (dalla redpill di cui sopra), ad abbandonare la speranza di trovare una compagna o anche solo del sesso, e a rivolgere le proprie energie ad altri settori della vita.

Adinur DB, come tanti altri, racconta con dovizia di particolari e una forma di sensibilità straordinariamente autoconsapevole la propria vita di solitudine, descrive le donne da cui è stato attratto e di cui si è innamorato, le sue sensazioni di umiliazione e disperazione di fronte al loro rifiuto, ricevendo manifestazioni di affetto e supporto dai suoi seguaci, che si identificano e ritrovano in lui. Anche qui, mai prima d’ora gli uomini avevano parlato così diffusamente di sé, e ancora meno di relazioni, desiderio, sentimenti.

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Che ciò a cui gli incel ambiscono non sia esclusivamente sesso e possesso delle donne, bensì una qualche forma di intimità (per la quale chiaramente sarebbero del tutto impreparati) lo rivela il trattamento di compassione mista a disprezzo che riservano ai cosiddetti paycel, cioè quegli incel non vergini (o kissless/hugless virgins, come si definiscono quelli che non hanno mai ricevuto nemmeno un bacio o un abbraccio) perché hanno fatto ricorso alla prostituzione. Sono gli stessi paycel a dichiarare che la prostituzione non è una scappatoia, e che meritano ugualmente di essere inclusi nella comunità: non è l’esperienza del sesso a fare la differenza, bensì quella di essere desiderati.

Le donne vengono definite femoid, contrazione dei termini inglesi per “femmina” e “umanoide”, come la sua traduzione italiana domnule utilizzata sul sito Il Redpillatore. Questo odio o fobia è legato alla percepita incapacità di rapportarsi a loro, ma anche a una forma più profonda di rifiuto del femminile. È una forma lampante di quello che si definisce sessismo ostile, che si manifesta come una visione culturale dei rapporti di genere dove le donne sono percepite come esseri che ricercano il controllo sugli uomini attraverso la sessualità e l’ideologia femminista, e che si basa sull’affermazione della “naturale” inferiorità della donna. Come osserva Williams, “nella sfera dei pua la seduzione si trasforma in guerra dei sessi: […] per convincere una donna a venire a letto con te (e a comportarsi bene) devi farla sentire insicura. Quando questo, sorprendentemente, non funziona, gli incel si inabissano nella black pill: il gioco è truccato dall’inizio. […] Questo porta a un’escalation di fantasie violente, visto che dal momento che il gioco non funziona, l’unico modo per fare sesso con una donna è usando la forza. Gli uomini attraenti sono una concausa in questa fantasia violenta, ed è interessante come un forum possa andare avanti a parlare di stupri di massa per giorni, ma venga chiuso quando qualcuno inizia a parlare di castrare il proprio coinquilino.”

Il dettaglio del coinquilino castrato è effettivamente interessante, e non solo, come crede Williams, perché rivela un double standard interno alla comunità, ma anche perché svela un investimento sadico omosessuale. Gli incel, ancora una volta preziosi nel rivelare i paradossi inconsci dell’ideologia, ci pongono di fronte a uno dei più grandi paradossi della maschilità: tanto più la mascolinità si esaspera, tanto meno eterosessuale diventa. Il che si collega al tabù dell’omosessualità maschile, che necessita di essere apertamente e costantemente vietata e socialmente sanzionata proprio perché in realtà molto più desiderabile. Posto che i nostri desideri sono creati anche dalla società, si capisce bene perché una società che postula la superiorità maschile (e concepisce quindi il maschile come ideale) sia profondamente basata su scambi omosociali. 

Gli incel ci pongono di fronte a uno dei più grandi paradossi della maschilità: tanto più la mascolinità si esaspera, tanto meno eterosessuale diventa

Ma la citazione di Williams ci parla anche di un altro paradosso, ancora meno compatibile con una concezione standard di mascolinità egemone. Autodenigrazione e dato scientista sembrano parlare di virile stoicismo, un’accettazione del proprio destino che impone di take it like a man. Questa imposizione, però, è eterodiretta: “reagire da uomo” necessita di un’azione violenta verso lo status quo. Azione violenta apertamente e necessariamente sadica, come dimostrano i tanti forum in cui si parla del piacere derivante dal seguire donne sconosciute per strada solo per assaporarne il crescente terrore. 

Qui ci viene in aiuto la psicanalisi lacaniana, che consente di individuare un ulteriore e paradossale ribaltamento presente nel sadismo. Il ruolo fallico associato culturalmente al maschio, os- serva Jane Gallop, “richiede l’impassibilità”. Il piacere derivante dalla crudeltà, svelando il desiderio del pene (e non più del fallo), ne svela invece anche la fragilità: si domanda, di nuovo, un riconoscimento, una reazione nell’altro, cosa di cui il fallo propriamente inteso non dovrebbe curarsi. Il ruolo fallico è in qualche modo una posizione inabitabile per il soggetto concreto: da qui il paradosso culturale per il quale nella stessa figura della mascolinità egemone vengono a collidere sia l’immagine dell’uomo che non deve chiedere mai (eventualmente oggetto del desiderio, mai sfiorato dalle disavventure identitarie di chi si trova nella condizione di desiderare) sia quella del maschio predatore (unico soggetto a cui è socialmente consentito desiderare, e prendersi ciò che si suppone gli spetti senza una necessità di mutuo riconoscimento). Una posizione totalmente schizoide, che da un lato necessita, richiede, il desiderio femminile e dall’altro lo nega, barra, esclude. Il fallimento degli incel nell’aderire all’immagine del “vero uomo” rende questa contraddizione manifesta. 

La misoginia manifesta e programmatica degli incel rivela soprattutto uno dei suoi più profondi rimossi sociali: la paura della donna, non vista quindi solo come preda o subordinata, ma anche come avversario, un rivale all’interno di un sistema capitalistico/consumista basato sull’ingiunzione a godere. Nel corso dei secoli, spiega sempre Volpato, “le donne sono state oggetto, alternativamente, di disprezzo e paternalismo. Hanno suscitato poca invidia perché il pregiudizio invidioso è riservato ai gruppi ritenuti competenti e pericolosi e le donne, in genere, non erano giudicate tali. Oggi, però, alcuni sottogruppi di donne sono visti come capaci di sfidare la supremazia maschile; è il caso delle donne in carriera e delle femministe, che sono così diventate oggetto del pregiudizio di invidia”. 

Che molti uomini si sentano impreparati in un’epoca in cui sempre più caratteristiche “tradizionalmente femminili” vengono messe a valore è facilmente comprensibile. C’è poi il fatto che il capitale erotico che la donna investe nella società attuale è legato a qualcosa di più profondo: riguarda il bisogno umano di riconoscimento come oggetto di desiderio.

Un bisogno che accomuna uomini e donne, e che implica una posizione potenzialmente più liberante di quella di soggetto desiderante, ma che può venire facilmente sussunta dalla società dello spettacolo. Alcuni video diffusi nella comunità incel mostrano scene tratte da talk show e programmi televisivi in cui l’atteggiamento apertamente flirtante delle conduttrici verrebbe letto come molestia sessuale se fosse a ruoli di genere invertiti, mentre gli uomini che diffondono questi video guardano all’uomo «molestato» dalla conduttrice con invidia, quella che riservano anche alle donne. L’invidia nasce proprio dalla supposta possibilità per le donne di ottenere più facilmente sesso, indipendentemente dal loro status estetico, sociale o economico, e ci riporta al discorso del capitale sessuale. 

La condizione di oggetto sessuale è qualcosa a cui questi uomini sembrano ambire, e che gli è preclusa. Questa invidia non porta solo alla misoginia di cui sopra, ma anche all’emulazione. Quando parlavamo di cyberbullismo e revenge porn, ci stavamo concentrando sul fatto che esiste un binarismo tradizionale legato all’idea che se una donna ha molti partner sessuali, diversamente da un uomo, “perde valore”. Ma non è escluso che le cose stiano cambiando rapidamente, e anzi che se le dating app aggiungessero una funzione simile a quella dei prodotti su Amazon o eBay, segnalando insomma i prodotti “più scelti”, le donne con un punteggio più alto risulterebbero comunque le più ambite.

Non si tratta solo di una dinamica mimetica girardiana, per la quale tendiamo a volere quello che vogliono gli altri, ma di una necessità ad accrescere il proprio status come lo farebbe una donna: cioè attraverso il sesso. 

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