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Le politiche delle mappe

Un disegno di più di 400 anni fa distorce ancora oggi la nostra visione del mondo.

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Tutte le volte che un cartografo traccia un segno su una mappa fa un gesto politico. 

Prendere per buoni i confini dei vincitori o usare un vecchio nome coloniale è, per il dibattito di oggi, un errore più evidente che mettere l’Europa al centro del planisfero, o di rappresentare la Somalia (637.657 km² di estensione) più piccola dell’Italia (302.073 km² di estensione). È più grave solo perché sovradimensionare i Paesi europei a discapito di tutto quello che si trova al di fuori dell’Occidente è frutto di una convenzione con cui facciamo i conti fin da bambini, una convenzione che solo apparentemente non nasconde un messaggio politico.

Quando alziamo la testa in classe di solito, appeso al muro, c’è un planisfero che riporta le stesse misure tracciate nel 1569 dal geografo e cartografo fiammingo Gerhard Kremer, noto con lo pseudonimo di Gerardo Mercatore. 

Le scienze geografiche, in questi 451 anni, hanno fatto passi da gigante introducendo meccanismi di analisi sempre più precisi e sofisticati e riuscendo a rappresentare sulla mappa elementi che, all’epoca in cui Mercatore lavorò alla sua proiezione, erano ancora sconosciuti. Se però ripercorriamo all’indietro la storia della cartografia fino a quel fatidico 1569, semplicemente confrontando le carte, noteremo che la proiezione di Mercatore è quella più diffusa. Il planisfero cambia leggermente, si adatta al tempo in cui viene usato, ma rimane sostanzialmente lo stesso nella forma e nei calcoli che sono alla base della sua costruzione. Si può dire che nessun altro strumento, in geografia, abbia avuto la stessa fortuna di questo prototipo del Cinquecento.

Quando alziamo la testa in classe di solito, appeso al muro, c’è un planisfero che riporta le stesse misure tracciate nel 1569 da Gerardo Mercatore

Tutt’oggi la maggior parte dei libri di Geografia, tranne quelli i cui autori decidono in maniera dichiarata, e politica, di non usarle, contengono le stesse proiezioni. Anche le comuni mappe in commercio, create non per scopi didattici, utilizzano i parametri elaborati dal cartografo a Duisburg. 

Nella mappa di Mercatore l’Europa si trova letteralmente al centro del mondo, perciò tutto quello che fa parte dell’emisfero Nord assume proporzioni gigantesche, mentre quello che si trova a Sud risulta più piccolo, sballando la nostra percezione. Cresciamo convinti della centralità dell’Europa rispetto agli altri continenti, e crediamo che tutto ciò che si trova schiacciato verso Sud sia necessariamente subalterno, in una visione assolutamente neocoloniale, oltre che non aderente alla realtà.

Gerardo Mercatore e la sua mappa, in realtà, non sono colpevoli quasi di nulla. L’autore non appartiene nemmeno a quella razza di cartografi celebratissimi, “Maestri delle carte e dei compassi”, protetti dai sovrani che sui loro calcoli e disegni basavano larga parte della loro fortuna nelle esplorazioni. Per quasi tutta la vita Mercatore fu un uomo in fuga, sospettato di eresia, e la “Proiezione cilindrica centrografica modificata” che oggi troviamo sui muri di tutte le classi d’Italia fu al centro di feroci dibattiti per oltre trent’anni prima di venire accettata. Solo con la pubblicazione del suo Atlas Mercatore ottenne, ormai malato e in fin di vita, il riconoscimento per le sue opere. 

Inoltre qualsiasi planisfero, anche quello realizzato con le migliori intenzioni, è per sua natura scorretto a causa della forma sferico-geodetica del nostro pianeta: una volta trasposto su una superficie piana perde le peculiarità tridimensionali e si distorce inevitabilmente. Il planisfero di Mercatore, che nasce come carta per la navigazione, assolve al suo scopo perché ogni parallelo, ed è qui che si compie la sua rivoluzione, è tracciato in modo da tagliare tutti i meridiani sullo stesso angolo, a 90°. Questo permette di tracciare un sistema di coordinate per la navigazione tale da poter raggiungere qualsiasi destinazione mantenendo costante lo stesso angolo sulla bussola.

È la realtà a distorcere per prima il disegno di Mercatore, perché la scelta di tracciare i meridiani tra loro paralleli e non confluenti ai Poli fa sì che più ci si allontana dalla linea dell’Equatore più le terre rappresentate aumentano in modo inverosimile in superficie. La distorsione della carta, però, non è data soltanto dal modo in cui vengono tracciati i Meridiani. Uomo del suo tempo, Gerardo Mercatore non poteva che porre il continente europeo esattamente al centro del planisfero, come punto di partenza per ogni esplorazione, spostando così l’Equatore più in basso: le proporzioni della carta, già distorte, si dilatano ancora di più. Così se da un lato abbiamo Europa, Groenlandia, Canada, Stati Uniti e Russia iper-estesi, dall’altro Africa, America Latina e Subcontinente indiano appaiono ridimensionati.

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Non era scontato, però, che il mondo di Mercatore diventasse anche il nostro. A proporre un’alternativa in tempi relativamente recenti non fu un cartografo di formazione, ma uno storico che fece proprie le intuizioni che nel 1885 avevano portato il sacerdote scozzese James Gall a proporre un nuovo sistema di proiezione: Arno Peters. Nel creare la sua carta Peters si basò sul suo precedente lavoro di ricerca, che non a caso aveva lo scopo di contribuire alla costruzione di una narrazione storica non eurocentrica, e si inserì all’interno di un dibattito sulla non-neutralità delle carte che dagli anni Sessanta animava il mondo delle scienze geografiche. 

Quello che interessava Peters, dunque, non era creare una proiezione utile alla navigazione, ma dare uguale dignità a tutti i popoli della terra con ogni strumento possibile, in una prospettiva multidisciplinare. Fu questo che spinse lo storico tedesco, di fatto un outsider, a creare l’alternativa a Mercatore: la proiezione di Gall-Peters.

Quello che interessava Peters era dare uguale dignità a tutti i popoli della terra

Una carta del Cinquecento, se utilizzata ininterrottamente fino ad oggi, diventa un veicolo ideologico che trasmette una logica coloniale. Secondo Peters il sistema proiettivo di Mercatore doveva la sua fortuna a una concezione eurocentrica e colonialista, in cui l’immagine cartografica di un’Europa sovradimensionata al centro del mondo corrisponde a quella culturale di un continente imperialista, che storicamente piega la periferia globale alle sue esigenze.

Non essendo interessato alle distanze tra i continenti, che assumevano una forma allungata, Peters decise di rispettare fedelmente le reali dimensioni di ogni superficie e la sua distanza dall’Equatore e di ricollocare proprio l’Equatore al centro del planisfero, in modo da tagliare in parti uguali il pianeta. Scelse inoltre di distribuire gli errori in modo regolare e non nelle aree più lontane dall’Europa, come era stato fatto con tutte le riproduzioni dell’opera di Mercatore. Nessun planisfero è corretto, ma proprio partendo da questo assunto Peters decise che il suo sarebbe stato ideologico, svelando così un non detto della cartografia: tutte le proiezioni geografiche lo sono.

Peters decise che il suo planisfero sarebbe stato ideologico, svelando così un non detto della cartografia: tutte le proiezioni geografiche lo sono

Realizzata nel 1974 attraverso una scomposizione del globo in 100 parti orizzontali e 100 verticali e non tenendo conto dei gradi, fondamentali per la navigazione, la mappa di Peters è la proiezione perfetta non della sfera terrestre, ma delle idee del suo autore. Con il lavoro di Peters interi Paesi che sembravano immensi, diventarono improvvisamente minuscoli sulla carta. Il mondo recuperò le sue proporzioni e ciò che era micro ridivenne macro. 

La sua esperienza fu di stimolo ad altri autori, tra cui Stuart McArthur, che nel 1979 realizzò con intenti simili la “McArthur Universal Corrective Map of the World”. L’allora studente dell’Università di Melbourne mise l’Australia, da sempre in una posizione marginale, al centro del suo mondo, e sulla scia del lavoro del pittore uruguaiano Joaquín Torres-Garcia, posizionò il Sud al posto del Nord. La mappa fu un successo e dalla sua prima pubblicazione vendette oltre 350.000 copie. Ad oggi, tuttavia, quella cominciata da Peters resta una rivoluzione incompiuta. 

Noi, anche dopo essere usciti dalla scuola, continuiamo a vedere il mondo attraverso le lenti del Mercatore. Fino al 2018 ogni volta che aprivamo Google Maps ci muovevamo su una versione avanzata del prototipo cinquecentesco, utilizzata perché garantiva l’ottenimento di una mappa conforme. Dal 2018, su ogni browser compatibile con WebGL (Web Graphics Library, un set di API che permette agli sviluppatori di generare elementi in grafica 2D e 3D), Google ha deciso di modificare la funzione zoom e grazie a questa oggi è possibile allontanarsi fino a vedere il globo terrestre, esattamente come accade con Earth. Se però proviamo a fare lo stesso sull’app, l’ultimo zoom out ci porta alla proiezione piatta da carta geografica — sempre quella di Mercatore.

Non bisogna sottovalutare il messaggio nascosto dietro una decisione del genere: applicare una proiezione diversa può risultare straniante per chi fin da bambino è stato abituato a confrontarsi con un solo tipo di mappa. Per l’uso immediato che si fa di un’app come Maps la scelta, politica, di adottare un modello come quello di Peters può essere respingente. Perché un colosso come Google, la cui tecnologia non è certo neutra, dovrebbe applicare quella che ancora oggi è considerata l’opzione più radicale in campo? 

Il mondo della cartografia, specie quella a scopo didattico, resta — a 47 anni dalla pubblicazione della carta di Peters e a 41 da quella di McArthur ancora placidamente ancorato a un disegno di più di 400 anni fa. Proprio per questo motivo scegliere una proiezione alternativa è, ancora oggi, un gesto politico, lo stesso di chi decide, all’improvviso, di mettere il Sud al posto del Nord. 

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